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PRESENTAZIONE DI MONS. MELCHOR SÀNCHEZ DE TOCA

Il dramma del nostro tempo, diceva Paolo VI, è il divorzio tra la fede e la cultura. Nel corso degli ultimi secoli il dialogo, fecondo e creativo, tra la Chiesa e le arti, si è incrinato. I cristiani faticano a capire l'arte e la cultura contemporanea e si rifugiano in stili e forme del passato, ben collaudate, ma prive di forza creativa. Da parte sua, l'arte ha tagliato i ponti con l'universo simbolico della Bibbia, il grande codice della cultura occidentale, ha voluto fare a meno della potenza creatrice che viene dalla fede. Il risultato è stato una mutua alienazione, un impoverimento reciproco.

Paolo VI volle ricuperare questo dialogo incontrando gli artisti nella cappella sistina nel 1964. Giovanni Paolo II, dedicò agli artisti una sua lettera personale, nel 1999. Benedetto XVI, a quaranta anni di distanza, incontra di nuovo gli artisti per rilanciare un dialogo che non dovrebbe essere mai interrotto.

"La Chiesa ha bisogno dell'arte", scrisse Giovanni Paolo II nella Lettera agli artisti. L'arte e la cultura rappresentano il luogo dove poter realizzare un'esperienza totalizzante dell'essere, l'ambiente in cui la realtà in tutte le sue dimensioni è colta come totalità, non come mera
giustapposizione di elementi. L'espressione artistica prolunga il carattere sacramentale della fede cristiana, ponendo carne, colore, movimento, suono, al messaggio del Vangelo.
Il Pontificio Consiglio della Cultura ha come missione aiutare la Chiesa intera a colmare questo vuoto che è venuto a crearsi tra la fede e la cultura. In questo contesto, la bellezza dell'arte appare come una via pulchritudinis, un cammino per parlare di Dio agli uomini e consentire a questi, attraverso la bellezza, di toccare con mano il bello, il puro, il vero, che i credenti chiamano Dio.